Non autosufficienza, una battaglia che non ci stancheremo di portare avanti

Non autosufficienza, una battaglia che non ci stancheremo di portare avanti

La risposta del nostro dipartimento di politiche sociali all'editoriale di Andrea Ciattaglia

Pubblichiamo la risposta a cura del nostro dipartimento di politiche sociali all'editoriale di Andrea Ciattaglia dal titolo "I Sindacati contro i malati non autosufficienti: silenzio sui diritti, ignorata la legge sanitaria", pubblicato sul numero 208 di Prospettive assistenziali.

 

Gentile Direttore Ciattaglia,

Con riferimento al suo editoriale apparso nel numero 208, ottobre-dicembre 2019, di Prospettive assistenziali, riteniamo importante fare alcune precisazioni che risultano imprescindibili per inquadrare in maniera più adeguata la problematica in questione.

Lei sostiene che i sindacati dei pensionati CGIL, CISL e UIL non tutelano come dovrebbero i “malati/persone con disabilità non autosufficienti”, tanto che la manifestazione del 16 novembre scorso nella quale si è chiesto con forza alle Istituzioni una legge quadro sulla non autosufficienza non farebbe altro, in realtà, che “allontanare i non autosufficienti dalle tutele del servizio sanitario, trattandoli come malati di serie B”.

Innanzitutto, ci preme ricordare che nella grande e unica categoria da lei citata, “malati/persone con disabilità non autosufficienti”, ci sono da fare dei distinguo e delle differenziazioni che riguardano specificità e problematicità molto distinte che meriterebbero esse sole numerosi editoriali.

Lei sostiene, in sintesi, che una legge quadro sulla non autosufficienza non è necessaria perché già esiste la legge 833 del 1978.

La nostra Costituzione e la legge 833 istitutiva del Servizio sanitario nazionale, alla cui stesura anche SPI, FNP e UILP hanno attivamente partecipato, tutelano la salute come diritto fondamentale dell'individuo, ma non indicano specificatamente la figura della persona non autosufficiente con le molteplici complessità assistenziali, né specificano quali siano i livelli assistenziali garantiti.

Quando venne redatta la 833 non esistevano i Lea, non esisteva la regionalizzazione della sanità, non c'erano dei vincoli di bilancio stringenti, e, soprattutto, non c'era una popolazione così anziana e bisognosa di cure. Nel 1978 la speranza di vita media era di 73 anni contro gli attuali 83 anni. L'aumento della speranza di vita rappresenta una conquista per il nostro Paese, ma al contempo un maggior impegno dal punto di vista economico per il sistema assistenziale, poiché le persone avanti negli anni, anche in presenza di programmi di prevenzione e di promozione della salute, sono sempre più esposte alla fragilità e alla non autosufficienza.

Gli anni successivi all'approvazione della legge 833 furono caratterizzati da una crescita non programmata della spesa sanitaria, che ha minato il sistema universalistico delle cure. Oggi la società è cambiata, frammentata, con famiglie sempre meno numerose e per buona parte unipersonali (33%) dove l'assistenza di tipo familistico degli anni 60-70 ha via via lasciato il passo ad un sistema assistenziale privatistico basato sul mercato delle “badanti” o assistenti familiari, fenomeno inesistente negli anni 70-80.

Oggi chi ha una disabilità che crea non autosufficienza e quindi dipendenza, non riesce ad ottenere un'assistenza domiciliare integrata costante e appropriata dal sistema sanitario pubblico ed è costretto a far ricorso alle “badanti” o a strutture assistenziali. Tutto ciò è confermato dagli ultimi dati disponibili relativi all'ADI, pubblicati dall'Istat, che riportano un'intensità media decisamente bassa: meno di 20 ore per utente all'anno. Appena l'1,2 % degli anziani usufruisce di assistenza domiciliare, 412.000 sono i posti letto disponibili in RSA, mentre sono circa 3 milioni i non autosufficienti presenti in Italia.

Basterebbero questi dati per capire che qualcosa non va nel nostro sistema. La Federazione Pensionati della CISL ribadisce con forza la necessità di individuare diritti e trattamenti socio-sanitari certi riservati alle persone non autosufficienti, che non si possono lasciare alla genericità di una legge quadro nazionale sulla sanità pubblica, ma che devono essere espressamente identificati al livello nazionale, così da avere delle linee guida per tutte le strutture sanitarie regionali che devono garantire le stesse prestazioni uniformi sul territorio nazionale.

Giusto per fare un po' di “storia”, la FNP nel 1979, avviando un'indagine sui cronicari fuori legge in alcune regioni d'Italia, oltre a denunciare le gravissime condizioni igieniche e umane in cui vivevano le persone anziane ivi residenti, lottò affinché fosse loro riconosciuto il diritto alle cure sanitarie.

Infatti, negli anni successivi, grazie alle lotte delle OO.SS., furono create le moderne RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), strutture che garantiscono prestazioni sanitarie e assistenziali a persone anziane prevalentemente non autosufficienti.

Ancora, il Progetto-obiettivo “Tutela della salute degli anziani/e” 1992 è il Progetto più evoluto e organico di tutela degli anziani a partire dal quale hanno avuto origine le leggi successive e a cui continua ad ispirarsi la stessa disciplina medica.

Tornando alla questione più specifica alla quale Lei fa riferimento, Le ricordiamo anche che la richiesta di legge nazionale sulla non autosufficienza, è stata accompagnata da una piattaforma specifica contenente quegli elementi che dovranno essere imprescindibili in una futura legge quadro. Non è quindi corretto affermare, come Lei ha fatto, che “della proposta di legge invocata dai Sindacati non si conoscono i contenuti”.

Nello specifico, quello che chiediamo è:

  • un aumento adeguato delle risorse;
  • la contestualità tra il riconoscimento dello stato di non autosufficienza, frutto di una valutazione multidimensionale sulla base di criteri riconosciuti e uniformi - la presa in carico e la definizione del Piano individuale assistenziale (PAI);
  • la garanzia del responsabile della gestione del Piano individuale, referente unico dei servizi sanitari e sociali nei confronti della persona interessata e/o del caregiver;
  • l'attuazione e il rafforzamento dell'integrazione tra politiche sociali, sociosanitarie e sanitarie;
  • la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali intesi come diritti universali riconosciuti a tutti i cittadini in condizione di non autosufficienza, integralmente finanziati dalla fiscalità generale e la loro integrazione con i Lea sanitari;
  • la determinazione e la trasparenza delle risorse destinate ai non autosufficienti nei bilanci di aziende sanitarie e distretti;
  • la definizione di criteri uniformi sul piano nazionale per l'accreditamento dei servizi residenziali, semiresidenziali, di assistenza domiciliare e familiare;
  • criteri uniformi per la valutazione dei bisogni;
  • un sistema efficace di monitoraggio e di controllo;
  • il diritto dei cittadini e delle organizzazioni sociali alla partecipazione, alla programmazione dei servizi e al monitoraggio della loro qualità.

Come pensionati della Cisl, insieme a Spi e Uilp, siamo stati tra i primi a richiamare l'attenzione della politica, delle istituzioni e dell'opinione pubblica sulla non autosufficienza. Siamo stati tra i primi a rivendicare soluzioni adeguate; a porre la tutela dei diritti delle persone non autosufficienti al centro della nostra iniziativa sindacale e delle nostre piattaforme rivendicative, a livello nazionale e regionale.

Come Lei ben dice esistono già dei riferimenti normativi nel nostro Paese. Ma tutto ciò non basta. È necessario e non più procrastinabile arrivare ad una legge nazionale ad hoc, che offra finalmente un quadro normativo che garantisca l'esigibilità dei diritti, per adeguarci alla maggior parte dei Paesi dell'Unione europea che da anni si sono dotati di leggi specifiche sulla non autosufficienza.

Per rispetto della categoria che con orgoglio rappresentiamo, non ci stancheremo di portare avanti questa battaglia, confermando al tempo stesso la nostra disponibilità ad un confronto aperto su tali tematiche.

11/02/2020

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