Covid-19 e RSA, terzo aggiornamento dell’Indagine dell’ISS sul contagio

Covid-19 e RSA, terzo aggiornamento dell’Indagine dell’ISS sul contagio

L'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato il terzo Rapporto dell'Indagine nazionale sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie, aggiornato al 14 aprile 2020. L'ISS ha avviato questo studio dal 24 marzo in collaborazione con il Garante nazionali dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (GNPL), con l'obiettivo di monitorare la situazione e adottare strategie per rafforzare i programmi di prevenzione e controllo delle infezioni correlate all'assistenza e acquisire informazioni sulla gestione di eventuali casi sospetti/confermati di infezione da Covid-19.

La fonte dei dati è costituita dalle risposte ad un questionario che l'ISS ha inviato a 3.420 RSA (strutture sanitarie e sociosanitarie residenziali, pubbliche e/o convenzionate a contratto, che accolgono persone prevalentemente con demenza), presenti in tutte le regioni Italiane incluse nel sito dell'Osservatorio Demenze dell'ISS. I dati sono stati forniti dai referenti delle RSA su base volontaria.

Secondo il GNPL National Register - la banca dati realizzata dal Garante nazionale per la geolocalizzazione delle strutture sociosanitarie assistenziali sul territorio italiano - le RSA nel nostro Paese sono 4.629 (pubbliche, convenzionate e private). Si sta procedendo ad un confronto fra le due fonti di dati per poter inviare il questionario, in una seconda fase, a tutte le strutture.

Lo studio ha coinvolto ad oggi 3.276 RSA (96% del totale) distribuite in modo rappresentativo in tutto il territorio nazionale. Al 14 aprile hanno risposto al questionario 1.082 strutture ubicate soprattutto in Lombardia, Toscana, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna. Il tasso di risposta è stato del 33 %, con un'ampia variabilità regionale dallo 0% (Valle D'Aosta e Basilicata) a oltre il 50% per il Molise, Sicilia e Puglia. Si rileva che questa variabilità è dovuta sia al limitato tempo trascorso dall'invio dei questionari (circa 1/3 delle strutture sono state contattate nell'ultima settimana), che dal numero assoluto di strutture presenti nelle Regioni sopra citate.

Anche questo terzo rapporto dell'ISS, conferma gravi carenze organizzative delle strutture nella gestione delle malattie infettive e in particolare di pazienti Covid-19: mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l'infezione e difficoltà nell'eseguire tamponi, scarsa possibilità di disporre di una stanza singola per i residenti con infezione confermata o sospetta e la possibilità di isolare i pazienti in una struttura dedicata. L'effetto di queste carenze, lo sappiamo bene, ha significato trasformare i servizi residenziali in focolai di infezioni e portare alla morte di tanti esseri umani.

In attesa dei risultati completi della ricerca e della loro analisi da parte dell'ISS, facciamo alcune brevi e parziali osservazioni a sostegno delle nostre rivendicazioni:

  • I dati forniti dalle residenze in oggetto su base volontaria, non sono accompagnati da una verifica sul campo ed è facile dedurre che, nella maggior parte dei casi, la realtà circa l'organizzazione e i servizi socio-sanitari effettivamente garantiti, sia ben diversa da quella dichiarata dalle strutture stesse. Anche l'Istituto sottolinea che in questa tipologia di studi esiste una distorsione delle risposte e probabilmente molte RSA, Case di Riposo, etc., in una situazione più critica non partecipano a queste iniziative.

  • Circa l'11% delle strutture ha dichiarato di non avere medici in attività al loro interno, mentre il numero di infermieri, educatrici professionali, fisioterapisti, animatrici, OSS, etc., non viene messo a confronto con gli standard minimi di personale previsti dalla normativa nazionale e da ogni Regione in modo da verificarne le eventuali carenze. Idem per gli standard strutturali e ambientali.

  • L'indagine, ovviamente, non arriva a censire tutti i centri residenziali soprattutto quella miriade di luoghi (Case di Riposo, Case famiglia, Residenze Assistite, etc.), impropriamente definite socio-assistenziali e quindi soggette a un numero inferiore di leggi e requisiti sanitari rispetto alle RSA e che pertanto sfuggono più facilmente ai controlli. Molto spesso si tratta di strutture abusive e senza autorizzazioni, dove regnano il degrado e l'illegalità e che ripetutamente vengono chiuse dai NAS.

  • Anche nel rapporto dell'ISS, non si conosce il numero esatto delle strutture presenti sul nostro Paese:

3.420 secondo l'Osservatorio Demenze dell'ISS;

4.629 secondo il GNPL (Garante Nazionale Private Libertà);

7.829 secondo il Ministero dell'Interno di cui 6.097 a gestione privata, 1.445 a gestione pubblica e 287 a gestione mista, di cui 4.629 accolgono anziani non autosufficienti. I posti letto erano 340.593 di cui 226.516 nelle Regioni del Nord e i restanti posti suddivisi tra il Centro e il Sud (Fonte: Ministero dell'Interno su dati Prefetture - Censimento delle strutture 2018)

  • Dal 1° febbraio ad oggi ciascuna struttura avrebbe applicato, per la gestione del paziente, in media 14 contenzioni (procedure che impediscono ad una persona il movimento libero del proprio corpo), per un totale di 118. La variabilità regionale è elevata e deve essere accuratamente studiata. È stato rilevato un incremento dell'uso di psicofarmaci, un aumento di incidenti, azioni conflittuali, aggressioni, cadute.

Ricordiamo che l'articolo 13 della Costituzione Italiana stabilisce che: “La libertà personale è inviolabile”, dunque la contenzione fisica-meccanica, farmacologica e ambientale è reato. Ciononostante, questa pratica continua a essere diffusa nelle strutture sanitarie e nelle case di cura per anziani, spesso viene giustificata da chi la adotta dall'esigenza di proteggere il paziente e preservare la sua incolumità.

Se la variabilità osservata risente del tipo di struttura (es. 1°, 2° o 3° livello di intensità di assistenza) interpellata e quindi del tipo di residenti ospitati dalla struttura e dal loro livello di autonomia, vuol dire che quanto più le persone sono fragili, tanto più si fa ricorso alle forme di contenzione. Nel 92,7% dei casi le strutture sono dotate di un registro per la contenzione fisica e per il suo monitoraggio, ma questo non è sufficiente per avere un quadro veritiero di quanto e di come la contenzione venga applicata solo nei ristrettissimi casi previsti dalla legge.

Il sindacato dei pensionati e delle pensionate deve adoperarsi urgentemente affinché queste pratiche inumane e illegali spariscano definitivamente e non continuino ad essere effettuate in modo indisturbato.

  • In accordo al DPCM 08/03/2020 tutte le strutture hanno vietato le visite di familiari/badanti ai familiari ricoverati. Quasi tutte le strutture hanno dichiarato di aver adottato forme di comunicazione con i familiari/badanti alternative alle visite presso la struttura come telefonate, videochiamate, ricorso ai social ed invio di email.

Anche su questo fronte, dobbiamo impegnarci affinché - contrariamente a quanto è accaduto in seguito al Covid-19 - siano rispettati i familiari, ma soprattutto il familiare che si prende cura della persona non autosufficiente la cui posizione “deve essere riconosciuta e tenuta in considerazione come tale in tutte le politiche sanitarie e di protezione sociale. Questo riconoscimento sociale deve “ufficializzare” il ruolo del familiare assistente” come stabilito dall'articolo 5 della Carta europea del familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente, nata anche sotto gli auspici delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea e del Forum europeo delle persone disabili, e concernenti direttamente la vita, la dignità, i diritti e la piena cittadinanza delle persone disabili e delle loro famiglie. La Carta è in conformità con gli obiettivi della strategia di Lisbona (2000).

Infine, molte indagini in corso da parte della Procura della Repubblica e dei Nas stanno riscontrando gravi irregolarità in queste servizi residenziali, predisponendo anche la chiusura di molti di essi; residenze prive dei requisiti organizzativi, strutturali ed assistenziali per curare persone non auto-sufficienti; gravi insufficienze igienico-sanitarie, in materia di sicurezza alimentare e di sicurezza sui luoghi di lavoro; mancanza di autorizzazione al funzionamento, limitato numero di addetti all'assistenza, gravissime carenze organizzative nella gestione di pazienti Covid-19, assenza di dispositivi di protezione individuale e di formazione del personale; maltrattamenti e contenzione; case di riposo abusive e senza autorizzazione, abbandono di anziani e mancata assistenza e custodia, esercizio abusivo della professione sanitaria e uso di false attestazioni di possesso di autorizzazione all'esercizio e di titoli professionali validi, etc.. (tratto dalla Relazione dei NAS del 2020)

Lo scorso 6 aprile abbiamo inviato, insieme a SPI e UILP, una lettera al Ministro della Salute, al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e al Presidente dell'Anci, per un intervento urgente in questo frangente.

Noi continueremo la nostra azione nella speranza che il sacrificio di tante persone anziane, dei sanitari e dei loro familiari servirà a portare una nuova luce su questi luoghi.

 

23/04/2020

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