PUBBLICAZIONI: Contromano N.36

Contromano N.36

Contromano N.36

Gennaio - Febbraio 2019

Lo scorso dicembre è stata approvata la Legge di Bilancio 2019, manovra che suscita grande preoccupazione nei Sindacati Confederali, delusi dai provvedimenti economici e sociali annunciati dal Governo Conte.
Ed è per questo che il nostro Sindacato ha espresso, unitamente a Cgil e Uil, il proprio dissenso e lo ha fatto attraverso la grande manifestazione che si è svolta a Roma il 9 febbraio. Tutti insieme, pensionati e lavoratori, giovani e donne sono scesi in piazza per contestare le scelte del Governo che si rivelano miopi e recessive in quanto incidono negativamente su crescita e sviluppo, lavoro e pensioni, coesione sociale e investimenti produttivi, negando al Paese, in particolare alle sue aree più deboli, una prospettiva di rilancio economico e sociale.
“Il Governo deve cambiare marcia, più investimenti e meno sussidi” come ha detto il Segretario Generale della Cisl Anna Maria Furlan. Nella manovra vengono confusi provvedimenti di carattere previdenziale con quelli prettamente assistenziali ostacolando la ricerca e la creazione di posti di lavoro.
La spesa assistenziale prevista – che include reddito e pensione di cittadinanza – aumenta la spesa pubblica in deficit lasciando di fatto pochissime risorse per lavoro, sviluppo, infrastrutture e alimentando la forbice tra previdenza e assistenza, questione centrale che ancora oggi rimane irrisolta.
Sul fronte previdenziale, poi, occorreva superare la rigidità della Legge Fornero, ripristinando una flessibilità in uscita che tenesse conto della gravosità di alcuni lavori e dello stato di salute di tanti lavoratori.
Una parte del problema era stato risolto con l'Ape Sociale, prorogata a tutto il 2019, strumento che riteniamo debba diventare strutturale.
Quota 100 potrebbe essere una possibilità di uscita anticipata dal mondo del lavoro ma rimangono alcune storture; basti pensare ai lavoratori discontinui e alle donne con carriere frammentarie che difficilmente riusciranno a raggiungere i 38 anni di contributi, tanto più che non viene riconosciuto il lavoro di cura. Per queste ultime infatti la media nazionale è di circa 25 anni di contributi a causa del frequente abbandono del lavoro per dedicarsi alla famiglia.


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