BIRMANIA: Meglio la fame e sopravvivere senza una casa, che la dittatura! A cura Cecilia Brighi

BIRMANIA: Meglio la fame e sopravvivere senza una casa, che la dittatura! A cura Cecilia Brighi
07/04/2021
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BIRMANIA: Meglio la fame e sopravvivere senza una casa, che la dittatura! A cura Cecilia Brighi

Ormai da oltre due mesi i nostri telegiornali tentano di raccontare, sebbene in meno di minuto, la sanguinosa repressione posta in atto dai militari birmani dopo il colpo di stato del 1 febbraio scorso. Ma le immagini possono solo rappresentare la parte superficiale e molto parziale di ciò che sta avvenendo in tutto il paese.

Il terrore viaggia veloce per le strade delle città e persino nei villaggi remoti. Ovunque i militari sparano con l’intenzione di uccidere. Lo hanno comunicato formalmente nel giornale di stato e nei notiziari televisivi. “siete avvisati: spareremo a chiunque protesta alla testa a alla schiena!“. E così è stato. I racconti e le foto che ci arrivano quotidianamente dai nostri amici sindacalisti e sindacaliste, mostrano tutta la crudeltà di un esercito addestrato per fare del male. Un esercito di 500.000 soldati, affiancato dal 100.000 poliziotti: uno stato nello stato. Vivono con le loro famiglie in aree protette, con le loro scuole, le loro accademie, i loro ospedali. Si sposano tra di loro e vengono indottrinati a pensare di essere una classe privilegiata, eletta superiore al resto del popolo che campa con salari da fame. (salario medio giornaliero: 2,87 € al giorno!). l’esercito è un mondo chiuso facilmente indottrinabile. Mentre i generali sono miliardari, grazie alle loro holding che controllano tutta l’economia del paese, le truppe, sono pagate quattro soldi, e ciò nonostante si sentono superiori e difendono il loro ridicolo potere, contro (così gli viene detto) i facinorosi pagati da forze nemiche internazionali.

Nonostante il terrore ed i morti saliti ufficialmente a 575 e gli arrestati a oltre 2750, il paese non si arrende. Mentre i governi del mondo, Unione Europea inclusa, traccheggiano e non impongono le auspicate sanzioni economiche, ne l’embargo sulle armi e il blocco dei beni militari, I lavoratori e le lavoratrici birmane hanno fatto quello che avrebbe dovuto fare l’ONU: bloccare il paese. I portuali hanno bloccato lo scarico delle navi, i ferrovieri hanno bloccato i treni, i lavoratori degli aeroporti lo stesso. i lavoratori delle banche sono in sciopero da due mesi, come pure i medici e i paramedici e le centinaia di migliaia di lavoratrici del settore industriale, i minatori, i lavoratori delle raffinerie.

Nulla funziona più, nonostante le minacce di licenziamento che la giunta ha fatto. I militari sono andati fabbrica per fabbrica facendosi dare dai manager i nomi e gli indirizzi dei sindacalisti. Li hanno cercati nei dormitori dove alloggiano, ma per fortuna non sono riusciti ad arrestarli. Ora  molti sono in clandestinità. Nessuno vuole tornare a lavorare. Allora sono partiti i licenziamenti dei dipendenti pubblici e dei ferrovieri, che sono stati pure cacciati dalle abitazioni di proprietà dello stato. Ma nessuno ha ceduto. Meglio la fame e sopravvivere senza una casa, che la dittatura. E così hanno caricato sui carretti le loro poche cose insieme ai loro vecchi e se ne sono andati, tra gli sguardi increduli dei militari.

Questa tragedia ha, stranamente, un risvolto estremamente positivo. I giovani che tutti pensavano fossero interessati solo alla musica e ai telefonini, sono alla testa delle manifestazioni. Soprattutto le giovani ragazze scese in piazza in abiti da sera e da sposa o con grandi cesti di frutta in testa. Le giovani lavoratrici sono attivissime. La cosiddetta generazione Z sta sbalordendo il paese. Manifestazioni geniali, mordi e fuggi per non farsi ammazzare. Lo sciopero del silenzio ha paralizzato il paese. Nessuno in strada, neanche un rumore per l’intera giornata. Sembrava fosse scoppiata l’atomica o un lockdown da Covid rigidissimo e invece era il silenzio che ha fatto impazzire i golpisti. E poi le padelle battute ogni sera dai palazzi. Lo sciopero della mondezza accumulata ai crocevia per bloccare i camion militari, le fiaccolate notturne, e così via.

Per la prima volta il paese ha ritrovato una unità quasi impossibile fino a due mesi fa. I parlamentari appena eletti, nelle elezioni che i militari non vogliono riconoscere perché sarebbe la loro sconfitta, stanno lavorando clandestinamente con tutte le forze etniche (la Birmania ha 130 etnie e 100 lingue diverse). Insieme hanno cancellato la costituzione imposta dai militari nel 2008, e stanno costruendo una costituzione democratica e federale. Il mondo resta a guardare questa lotta impari. Uno scontro che non potrà che aumentare e purtroppo cambiare di segno.

Ci vorranno ancora molti, molti morti e molte sofferenze, perché gli interessi cinesi e russi, ma anche quelli occidentali possano essere smossi. Nessuno in fondo vuole e può permettersi un’altra area del mondo in subbuglio per troppo tempo e per di più in piena crisi da COVID19. Solo la solidarietà del mondo del lavoro e delle associazioni sta facendo la differenza. Raccoglie la voce e le richieste del popolo birmano, del mondo del Lavoro e dei giovani e con insistenza le presenta al mondo e al sistema delle imprese, che continuano a fare affari e a portare profitti nelle casse dei militari.

Invece di aiutare finanziariamente e tutelare dal licenziamento i lavoratori che nelle fabbriche che producono per loro, pensano che basti un appello al rispetto dei diritti umani e alla non violenza per salvarsi l’anima. Lasciare soli i giovani e le giovani, che nei luoghi di lavoro, persino i più piccoli e precari, senza sosta ogni giorno si riorganizzano, sarebbe un crimine. Schierarsi a fianco del loro coraggio sarà fondamentale per far si che questo paese sconfigga la dittatura e conquisti la dignità e la democrazia. La loro vittoria andrà a beneficio di tutti, anche di noi, che sembriamo essere lontani, ma che come dimostra il COVID, siamo sulla stessa loro barca...

Cecilia Brighi

È segretaria generale dell’associazione Italia-Birmania insieme. Fa parte del Comitato etico di Etica sgr. Ha scritto L’Imperatore e l’Elettricista. Tienanmen e i giorni del coraggio (Baldini & Castoldi 2011), Il pavone e i generali. Birmania: dalla dittatura alla rinascita (Baldini & Castoldi 2015) e Le sfide di Aung San Suu Kyi per la nuova Birmania (Eurilink  2016).


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