Riforma del sistema sanitario per un’Italia più anziana

Riforma del sistema sanitario per un’Italia più anziana

L'articolo del segretario nazionale Girolamo Di Matteo dall'ultimo numero di Contromano

La pandemia da Covid-19 ha colpito duramente, in questo ultimo anno, il nostro Sistema Sanitario Nazionale, considerato a livello mondiale un modello, ma che sotto la scure del virus ha mostrato tutte le sue fragilità, figlie di politiche poco lungimiranti orientate più alla ricerca dei risparmi di bilancio che al miglioramento della qualità delle cure e dell’offerta assistenziale. Il diritto alla salute e l’accesso universale alle cure, con l’emergenza pandemica, non sono stati pienamente garantiti, sia nei territori del Nord, più colpiti dal virus, sia in quelli del Meridione, dove da anni assistiamo all’assenza di una programmazione sanitaria con strutture pubbliche spesso inadeguate e fatiscenti.

La pandemia ha avuto il “pregio” di aver scoperto il “vaso di Pandora” del sistema sanitario pubblico mostrando tutte le fragilità di una sanità regionalizzata a diverse velocità che discrimina i cittadini italiani in base alla regione di appartenenza.

Ora, con le risorse del Recovery Plan è il momento di rilanciare tutto il comparto pubblico rafforzando i servizi socio-assistenziali di prossimità, investendo queste ingenti risorse in infrastrutture di prossimità, in formazione del personale, in programmi di screening della popolazione e in sistemi di monitoraggio sulla qualità delle cure.

Dopo anni di tagli alla spesa sanitaria pubblica a scapito dei cittadini, con la soppressione di oltre 35mila posti letto, la riduzione di oltre 42mila lavoratori e l’aumento del costo dei ticket, il cui gettito complessivo è passato da 1,8 miliardi nel 2008 a 3 miliardi nel 2018, è il momento di ripartire, rimettendo al centro delle scelte della programmazione sanitaria le prestazioni di cura delle persone, prevedendo percorsi assistenziali di accompagnamento, dalla gestione delle acuzie ospedaliere fino alla cura della cronicità.

Come abbiamo visto, il Covid-19 non ha fatto che acuire le criticità di un sistema già in difficoltà, e si è abbattuto con forza senza risparmiare nessuno, colpendo inizialmente con violenza proprio quei territori considerati più organizzati, mietendo migliaia di vittime, soprattutto anziani e persone fragili, e trovando spesso, nelle strutture assistenziali e negli ospedali, terreno fertile per propagarsi.

Ora il Governo Draghi e le Regioni dovranno dimostrare di essere in grado di velocizzare il più possibile il programma di vaccinazione della popolazione e contemporaneamente dovranno avviare, in tempi brevi, una riorganizzazione dell’intero sistema sanitario e assistenziale, spendendo nel modo migliore possibile i circa 20 miliardi messi a disposizione dal Recovery Plan.

La nuova programmazione sanitaria dovrà tener conto non solo della diffusione del virus ma anche del trend demografico che caratterizza il nostro Paese, che sta invecchiando a vista d’occhio a causa di tassi di natalità sempre più bassi. L’Istat stima che, nei prossimi 20 anni, ci sarà una crescita esponenziale della popolazione over 65 che arriverà a rappresentare il 31,1% rispetto all’attuale 23,3%.

Questi numeri ci inducono a pensare che è necessario programmare da subito una riforma complessiva dell’offerta sanitaria e assistenziale che metta al centro il territorio e il concetto di prossimità, con una diffusione capillare dei servizi primari, rivolti alle emergenze e alla cronicità e lasciando a centri ospedalieri specializzati la programmazione degli interventi e la gestione delle acuzie.

Sono anni che noi sindacati dei pensionati chiediamo una definizione dei c.d. LESNA (livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti) e la costruzione di una legge quadro sulla non autosufficienza che indichi il perimetro normativo per la garanzia delle prestazioni che ogni persona non autosufficiente, anziana o meno anziana, deve ricevere dalle istituzioni sanitarie e assistenziali regionali.

Dei diritti degli anziani non autosufficienti se ne parlava già negli anni Novanta e ancor oggi, nonostante le varie proposte legislative provenienti dai sindacati e da diversi gruppi parlamentari di differente area politica, non si è riusciti a far approvare una legge quadro, che dovrebbe essere nell’interesse di tutti.

Lo Stato spende per il Fondo Sanitario Nazionale oltre 117 miliardi di euro, di cui 113 destinati alle Regioni, ma per la gestione della cronicità attraverso l’assistenza domiciliare le Regioni spendono solo 1,5 miliardi (dato 2017 su elaborazione del Network non autosufficienza), mentre le risorse dei Fondi non autosufficienza nazionale insieme ad altri fondi ammontano a poco più di 700 milioni.

Nuovo ruolo della medicina territoriale

Oggi, anche a causa del Covid-19, diventa quanto mai necessario ripensare l’attuale modello assistenziale della non autosufficienza per troppi anni basato su un’assistenza ospedalocentrica impropria e costosa o su quella delle RSA (case di cura), dove non di rado si sono registrati maltrattamenti agli anziani e la mancanza del rispetto delle norme igienico-sanitarie. Oggi chiediamo al Governo di reinvestire molte delle risorse sulla medicina territoriale, rendendo i medici di famiglia coordinatori e garanti, insieme al distretto socio-sanitario, del percorso di assistenza domiciliare dedicato al non autosufficiente.

Bisogna favorire il più possibile la permanenza delle persone anziane con disabilità e malattie croniche, incluso l’Alzheimer o le analoghe forme di demenza senile, presso il proprio domicilio garantendo le cure senza dover sradicare le persone dalla propria abitazione, in quanto anche ciò fa parte del processo terapeutico.

La pandemia ha fornito un’ulteriore conferma dell’assoluta importanza e priorità delle prestazioni sanitarie domiciliari in quanto arrecano vantaggi spesso notevoli sul piano terapeutico per i non autosufficienti e anche risparmi economici per il Servizio Sanitario Nazionale.

Domiciliarizzazione delle cure

L’ospedalizzazione a domicilio per le persone con malattie croniche deve essere classificata e garantita come un LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). I non autosufficienti devono ricevere presso il proprio domicilio cure di tipo riabilitativo, per recuperare possibili livelli di autonomia, di tipo sintomatico, per alleviare le conseguenze delle patologie e della condizione di non autosufficienza, e di tipo preventivo, per evitare l’aggravamento delle patologie in essere e l’insorgere di sindromi collaterali. A questi trattamenti sanitari vanno aggiunti i servizi assistenziali per la cura della persona anche attraverso l’erogazione di voucher per beneficiare di prestazioni assistenziali da parte di assistenti familiari possibilmente professionalizzati; nel caso di caregiver familiari, devono essere previsti servizi sostitutivi per l’alleggerimento del carico assistenziale al fine di garantire momenti di pausa nell’assistenza, in modo da recuperare le energie. Ricordiamo che assistere una persona può essere fonte di stress per un familiare e non tutti hanno le capacità di resilienza (c.d. coping) per affrontare queste situazioni.

Dimissioni protette

Anche quando una persona non autosufficiente viene ricoverata è necessario che sia sempre previsto un servizio di dimissioni protette integrate che la accompagni dalla fase più acuta del ricovero ospedaliero a quella di reinserimento nel proprio domicilio attraverso un servizio di monitoraggio e sorveglianza nella continuazione delle cure e dell’assistenza indicate in fase di dimissione. Attualmente le persone non autosufficienti (e quelle disabili con limitata o nulla autonomia) sopravvivono, pur in mancanza di interventi domiciliari da parte del Servizio Sanitario Nazionale, solo grazie all’assistenza prestata da parte dei familiari che, pur non avendo obblighi, accettano di svolgere le attività di cura attribuite dalla legge n. 833 del 1978 al Servizio Sanitario Nazionale, ma che richiedono però di essere regolate e disciplinate con apposite norme.

RSA e case di cura

Con la pandemia da Covid-19 gli anziani residenti nelle strutture assistenziali hanno pagato un prezzo salatissimo, con migliaia di decessi, spesso per la mancanza di piani pandemici regionali e di procedure che, invece di proteggere gli anziani più fragili, li hanno esposti al contagio con conseguenze fatali.

Quello che è risultato da questa pesantissima esperienza è che molte strutture hanno mostrato enormi lacune organizzative, sia in termini di formazione del personale sia di procedure. Oggi bisogna rivedere i requisiti dell’accreditamento e investire sia quantitativamente sia qualitativamente sul personale, prevedendo strutture assistenziali più piccole ma più gestibili, formando gli OSS/OSA e gli infermieri sulla gestione delle patologie di tipo cognitivo, quali Alzheimer e demenze, sulle misure di prevenzione e sicurezza per la salute dei pazienti.

Seppure in futuro l’assistenza dovesse essere principalmente di tipo domiciliare, l’attuale dotazione complessiva di 290mila posti letto risulta essere comunque insufficiente a soddisfare la richiesta di una popolazione che vede aumentare esponenzialmente il numero di anziani.

Le Case della Salute

La drammatica esperienza della pandemia da Covid-19 ha avvalorato l’idea che non è più differibile un piano di rafforzamento dell’attuale rete di assistenza socio-sanitaria territoriale, con requisiti e standard qualitativi e quantitativi vincolanti e certificati come previsto per gli ospedali. Occorre un “Piano Marshall” per la sanità di prossimità con investimenti infrastrutturali, formazione e assunzioni di personale, che veda una maggiore integrazione e partecipazione dei medici di medicina generale. Nell’ambito del distretto, riferimento della rete dei servizi socio-sanitari territoriali, occorre promuovere l’apertura di strutture territoriali pubbliche di prossimità, sul modello delle Case delle Salute, dove i cittadini, oltre alla visita del medico di fiducia, potranno effettuare prestazioni diagnostiche, visite specialistiche e prelievi nonché fisiokinesiterapia e trattamenti odontoiatrici.

13/04/2021

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