Invecchiamento e condizione di vita degli anziani in Italia

Invecchiamento e condizione di vita degli anziani in Italia

Uno studio dell'ISTAT, recentemente pubblicato che permette un'analisi approfondita del fenomeno

L'invecchiamento della nostra società sta ridisegnando gli assetti sociali ed economici, da cui già si intravedono cambiamenti nel settore produttivo, del lavoro, dei consumi e soprattutto del welfare-state.

Queste conseguenze, trasversali, richiedono un modo nuovo di “pensare e progettare” la nostra società. Il fenomeno dell'invecchiamento della popolazione è ormai un processo ineludibile in quasi tutti i paesi a sviluppo avanzato. Il cambiamento mentale deve portare a governare tale fenomeno in modo tale che l'obbiettivo sia trasformarlo da un peso ad una risorsa per la società, attivando tutte le potenzialità delle persone anziane.

COSA FARE?

Dell'invecchiamento attivo della popolazione se ne parla, ormai, da decenni perché il fenomeno sta cambiando le linee sociali, sanitarie ed economiche dei Paesi occidentali. Cosa fare?

Il Prof. Blangiardo, presidente dell'ISTAT, scrive che per governare una transizione così imponente: «… è essenziale un approfondimento culturale, un approccio innovativo che sia capace di stimolare politiche mirate e organiche, in grado di approntare il cambiamento della struttura per età della popolazione trasformandolo da peso a risorsa per la nostra società».

Una visione nuova è senz'altro la prospettiva dell'invecchiamento attivo che sposta la vita sociale degli anziani da esistenza passiva a protagonista della vita sociale.

I PILASTRI DELL'INVECCHIAMENTO

Secondo l'OMS i pilastri dell'invecchiamento attivo sono salute, partecipazione e sicurezza.

La “partecipazione” è intesa come una serie molteplice di attività da parte delle persone anziane negli affari sociali, economici, culturali, civili.

La “sicurezza” riguarda l'accesso delle persone anziane ad un ambiente fisico, sociale sicuro e protetto, nonché la sicurezza di un reddito che preservi dal rischio di una vita precaria.

È tempo di un'educazione al benessere psicofisico, ad un rapporto diverso tra tempi e modi di vita e lavoro. Lo stesso sistema di organizzazione del lavoro è improntato a vecchie logiche, molto può essere fatto come si è visto nell'emergenza sanitaria COVID 19 (telelavoro, lavoro agile, web meeting, e-learning) almeno per le realtà produttive che producono beni immateriali.

Occorre prevedere profondi cambiamenti nelle ore e giornate lavorate, nelle modalità d'impiego, nell'automazione, nel ruolo delle reti e della tecnologia, nel progresso della sanità, della biologia, della mobilità.

Una delle maggiori sfide che la società si trova ad affrontare è legata al rischio della solitudine degli anziani, dovuta al cambiamento strutturale delle famiglie, alla perdita del ruolo sociale successivo al pensionamento e alla rarefazione delle reti comunicative.

Per contrastare questo fenomeno si possono attuare strategie volte a favorire il loro contributo alla collettività. Le reti informali includono relazioni interpersonali che gravitano attorno alle persone, relazioni di assistenza reciproca di famiglie e parenti.

In questa dimensione è importante l'impegno che gli anziani danno alle associazioni di volontariato. Le risorse umane e materiali mobilitate all'interno di questa rete assicurano supporto e protezione agli individui sia nella vita quotidiana che nei momenti difficili, rappresentando un elemento essenziale della coesione sociale.

Già oggi, da varie analisi, emerge il ruolo degli anziani nel welfare familiare. Dimostrano che si va oltre lo stereotipo che vede gli anziani come una categoria debole e bisognosa di assistenza. Compatibilmente con condizioni di salute soddisfacenti, gli anziani sono invece soggetti attivi che con il loro operato costituiscono uno degli assi portanti del welfare familiare, che caratterizza l'Italia.

La partecipazione attiva alla vita sociale e, in particolare, ad attività di volontariato organizzato rappresenta una componente costitutiva del concetto di “risorsa” nell'essere anziani attivi. Ad erogare la quota maggiore di ore in attività di volontariato sono i soggetti nella fascia d'età compresa tra i 65 e i 74 anni.

Comunque, la promozione dell'invecchiamento attivo non può essere delegata alla libera iniziativa dei singoli o di gruppi, ma deve essere sostenuta attraverso politiche pubbliche.

Le sfide legate all'invecchiamento attivo sono state assunte sia dall'Unione Europea che dall'ONU (2002).

Nel 2012, in concomitanza con l'anno europeo dell'invecchiamento attivo, è stato sviluppato l'indice di invecchiamento attivo (Aai), uno strumento che permette di misurare il livello di invecchiamento attivo e i progressi conseguiti ad una serie di indicatori selezionati.

Questo consente ai responsabili politici di basare i loro interventi di politica sociale su dati quantitativi comparabili con gli altri Stati europei.

Vista la progressiva attenzione internazionale all'invecchiamento attivo ha spinto diversi paesi alla costruzione di un indice, cui l'ISTAT ha partecipato, per misurare e monitorare diversi ambiti delle politiche a sostegno degli anziani. L'Istat ha sviluppato questi ambiti comparandoli anche a livello regionale.

Per meglio approfondire, in allegato lo studio sinottico predisposto di recete dal nostro Istituto statistico. Lo studio propone approfondimenti su diversi indicatori, quali ad esempio: il ruolo degli anziani nel welfare famigliare, il loro volontariato attivo, la formazione continua e il capitale umano degli anziani, la staffetta intergenerazionale, lavoro e previdenza.

14/09/2020

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