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Gli anziani sardi al tempo del Covid

"Gli anziani sardi al tempo del Covid

In un'indagine Eurispes comportamenti e rinunce degli over 65 nei mesi di lockdown

Gli anziani sardi non guardano al futuro con gli occhiali rosa. Un anno di Covid 19 ha lasciato il segno  e ridotto la dote di ottimismo degli over 65. Il 44,6% delle “penne bianche” isolane non ritiene che dopo la fine della pandemia coesione e solidarietà saranno più forti. Le donne sono più pessimiste (46,75 %)  degli uomini (41,3%). La percentuale sale  addirittura all’80,6% se si aggiunge la quota delle persone (36,0%) convinte che tutto rimarrà come oggi, insomma che da questa crisi non si uscirà - come vuole  Papa Francesco – migliori.

E’ uno dei risultati rivelati dall’indagine sulla condizione degli ultra 65enni nel periodo del coronavirus 19 in Sardegna, realizzata dall’Eurispes e il CIF Sardegna, in partenariato con CSV Sardegna Solidale e IFOS e con il contributo dell’Assessorato Regionale alla Programmazione. Un’indagine sui primi tre mesi di lockdown non solo opportuna, ma anche necessaria per illuminare la situazione di un categoria – quella dei nonni - che all’ondata di contagi e di morti  ha pagato il prezzo più alto.  Lo dicono i numeri: nel 2019 ( quindi senza covid 19) in Sardegna  ci sono stati  17.003 morti, 18.994 nel 2020. Raffrontando la media dei primi 10 mesi del quinquennio 2015-2019  - pari  a 1302 morti - col dato medio dei defunti del 2020, cioè 1595,  si rivela un aumento medio  di 293 morti, dovuti senza ombra di dubbio al passaggio dell’epidemia. Il raffronto dei defunti degli anni 2019 e 2020 dà questi risultati: gennaio 2020 (- 4,1% rispetto allo stesso mese del 2019);  febbraio (-1,2% sul 2019), marzo (+ 11,8%), aprile (+11,8%), maggio (-1,0%), giugno (-2,0%), luglio (+6,95), agosto (+ 9,75), settembre (+12,9) ottobre (+22,5).

Il lockdown non ha lasciato il segno solamente nelle anagrafi comunali. Si vede dai risultati dell’indagine riguardanti il concetto di benessere non solo da un punto di vista prettamente fisico (come l’accesso a cure e servizi e l’efficienza della medicina territoriale), ma anche psicologico, aspetto da non sottovalutare visto che le statistiche parlano chiaramente di incremento, nel corso del 2020, del ricorso al sostegno psicologico, anche attraverso i farmaci, per tutte le fasce d’età e, in particolare, per quelle che si trovano agli antipodi: i più giovani e i più anziani.

Qualità della vita degli over 65 in Sardegna

La qualità degli spazi abitativi è stata fondamentale durante il lockdown di marzo, aprile e maggio 2020. La maggioranza del campione (64%) rappresentativo, formato dai 969 ultra65enni distribuiti in tutta l’isola, vive in abitazioni con più di tre stanze, mentre solo l’11,2% ha uno/due vani rispetto ai servizi e cucina, mentre più del 60% ha a disposizione un giardino privato o condominiale.

Per quanto riguarda la socialità, le misure di contenimento hanno reso più dura e problematica  la quarantena di chi vive da solo:  difficoltà per l’acquisto di generi di prima necessità e farmaci, o l’accesso all’assistenza sanitaria territoriale. “Soprattutto hanno risentito -  dice Alberto Farina, segretario  generale della FNP Sardegna – del blocco e del rinvio  delle visite specialistiche: per certe patologie i controlli periodici sono necessari, forse anche vitali. Molti anziani li hanno rinviati per l’impossibilità economica di rivolgersi ai privati”. Dall’indagine emerge  che, durante la quarantena dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, ha potuto usufruire dell’assistenza sanitaria territoriale per patologie non legate al Covid-19 “mai” un intervistato su quattro (25,3%), “qualche volta” il 24,4%, raramente l’11,7%. Solo il 17,1% degli utenti ha beneficiato di assistenza sanitaria territoriale nonostante l’emergenza.

Lockdown  da soli oppure con parenti

Il 15,2% degli  over 65 sardi  - non sono pochi - ha trascorso tale periodo da solo. Il 45,1% con il/la coniuge o il/la convivente. Il 23,8% ha potuto contare sulla presenza dei figli, il 6,4% dei fratelli o delle sorelle, il 5,7% dei nipoti, l’1,8% di parenti altri, mentre il 2% ha trascorso la quarantena con altre persone che non fossero parenti.

Grazie alla tecnologia, durante il primo lockdown, il 70,1% ha dichiarato di aver avuto contatti con persone esterne al proprio nucleo familiare soprattutto attraverso telefono e videochiamate,  tramite Internet e interazioni su social network il 16,1% del campione. Il 3% ha frequentato locali pubblici e il 2,9% il posto di lavoro.

Le emozioni provate dagli anziani

Provando a tracciare e caratterizzare le emozioni provate durante il lockdown di marzo, aprile e maggio scorsi, l’affermazione più condivisa è stata quella che lamentava la mancanza di momenti di aggregazione con amici e parenti (31%), seguita dalla limitazione della propria libertà (29,2%). Il 14,8% degli intervistati ha provato un senso di solitudine e isolamento. Più che l’angoscia da isolamento e la solitudine, gli anziani hanno sofferto la mancanza di momenti aggregativi e il cambiamento nelle proprie abitudini, inteso come privazione della propria libertà. Solo una persona su quattro (25%) non ha riscontrato alcun cambiamento nelle proprie abitudini o addirittura ha colto il lato positivo dell’esperienza, dedicandosi ad attività altrimenti trascurate.

Nell’indagine  Eurispes sul benessere psicologico degli over 65 sardi, un intervistato su tre (33,7%) dice di aver “estremamente” e “molta” paura di perdere la vita a causa del Covid-19. Per quanto riguarda, invece, gli stati d’animo messi a dura prova dallo stress generato dalla pandemia, il 9,1% si sente “estremamente”, “molto” (14,9%) o “abbastanza” (24,8%) più nervoso del solito, sebbene la percentuale più alta (28,7%) comprenda chi si dichiara “poco” più nervoso del solito. Rispetto a prima, si spaventa facilmente o viene preso dal panico (estremamente, poco o abbastanza) il 32,4% degli intervistati, mentre la maggioranza (67,6), su questo punto, è poco o per niente spaventata o presa dal panico.

“In linea di massima, si può affermare – dicono i ricercatori - che paure e stress sono legati maggiormente alla possibilità effettiva di contagio e al pensiero ricorrente della emergenza sanitaria, tema proposto quotidianamente dai mezzi di informazione o fulcro dei discorsi”.

L’istituto Eurispes ha indagato sulla permanenza dei disturbi dell’umore anche al termine delle misure adottate fino al maggio 2020. Dopo il lockdown, ha avuto problemi di ansia, insonnia e tono dell’umore “mai” (29,6%) o “raramente” (27,6%) più della metà del campione. I disturbi permangono, invece, “qualche volta” per il 26% dei rispondenti, “spesso” per il 13,9% e “sempre” per il 2,9%. I numeri indicano uno scenario tendenzialmente stabile.

L’approvvigionamento di beni e servizi

La ricerca Eurispes ha  chiesto anche agli over 65 se durante il periodo di lockdown nella primavera del 2020 hanno usufruito dei servizi messi a disposizione da volontari, associazioni o esercizi commerciali, come il recapito a domicilio di farmaci o generi alimentari. Benché siano servizi pensati soprattutto per anziani e persone in difficoltà, il 70,2% degli intervistati dichiara di non averne usufruito, il 15,2% ne ha usufruito qualche volta, il 6,5% raramente, il 5,6% spesso. Il 2,5% degli intervistati ha invece dichiarato di non essere stato a conoscenza di tale servizio.

Promossa l’azione del precedente Governo nella gestione della pandemia

Più della metà degli intervistati (63,5%) esprime un parere positivo sulla gestione dell’emergenza di marzo 2020 da parte del Governo: i provvedimenti adottati sono stati “abbastanza efficienti” per il 50,4% di essi, “tempestivi e adeguati” per il 13,1%. Il 20,6% del campione denuncia invece provvedimenti “contraddittori, confusi”, per l’11,6% “inadeguati e insufficienti”, mentre il 4,3% lamenta provvedimenti “troppo restrittivi”. La gestione dell’emergenza è stata, tutto sommato, promossa; meno la comunicazione nel corso di tutto l’anno che gli over 65 hanno avvertito soprattutto come contraddittoria e confusa.

29/03/2021

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