Tramonto del Solidarismo. Intervista al prof. Zamagni

Tramonto del Solidarismo. Intervista al prof. Zamagni

Dall'ultimo numero di Contromano

Prof. Zamagni, sorpresa e scalpore hanno destato le accuse rivolte dal Ministro Matteo Salvini a organizzazioni di volontariato e alla stessa Caritas. Che cosa succede in Italia dove queste fondamentali attività sono partecipate da tantissimi cittadini?

Segnatevi questa parola “aporofobia”. È una parola greca che vuol dire “disprezzo del povero”. Attenzione, l'aporofobia non è un sentimento che nasce, come accadeva una volta, ai piani alti della società. Non siamo di fronte allo scontro classico e storico tra chi vive bene, nel lusso, nell'agiatezza, nella prosperità e chi sta male e vive al contrario nel disagio, nella miseria e nella ristrettezza. La guerra sociale, oggi, è stata scatenata dai penultimi nei confronti degli ultimi perché le classi elitarie non hanno nulla da temere dalle politiche redistributive di cui parlano i governi. Il disegno che sta prendendo piede è molto chiaro: la classe civile è sempre più schiacciata tra le forze dello Stato e l'obiettivo non dichiarato, ma palese, è mettere sotto tutela gli enti del terzo settore. Per questo è necessario che il mondo cattolico, cui è legato il 70% delle organizzazioni attualmente presenti nella società civile e nel volontariato, non si tiri più indietro ma, al contrario, si assuma quelle responsabilità grazie alle quali possono essere massa critica per incidere nelle scelte che contano davvero.

 

Da sempre la solidarietà sociale è stata valorizzata dalle pubbliche istituzioni. Come mai questa inversione di rotta da parte delle forze di governo?

Perché è diventata scomoda. Finché è stato possibile il sistema ha finanziato; andava benissimo e non dava fastidio alcuno. Poi abbiamo assistito a una crescita endogena fortissima, dal basso, che ha dimostrato come, a parità di risorse, questo settore poteva moltiplicare ricchezza e capitale umano. Un mondo capace di volare, di muoversi, di offrire, di darsi. Ma è stato allora che il mondo della politica ha iniziato ad avere paura. E parliamo degli anni Ottanta. Adesso, poi, più che mai. Si sta togliendo l'erba sotto i piedi a un intero mondo, tutto quello del volontariato, senza avere il coraggio di metterlo al bando. Per questo non possiamo commettere l'errore storico di stare alla finestra senza denunciare quanto sta succedendo. Concretamente abbiamo assistito al balletto sull'IRES per il “no-profit”; siamo ancora in attesa di decine di decreti attuativi sulla riforma del terzo settore come la convocazione straordinaria del Consiglio Nazionale (che per legge dovrebbe essere convocato ogni tre mesi, n.d.r.); di fatto i fondi pubblici per il sociale vengono sottratti al terzo settore per essere poi reindirizzati allo Stato, mentre tra i provvedimenti che aspetta il mondo del volontariato, in particolare quello delle cooperative di solidarietà, tutto è fermo, dalla finanza sociale, alle obbligazioni, sino ai prestiti.

 

Perché tutte le problematiche legate al terzo settore: dal volontariato al senso del solidale, dal welfare al sociale, sono state del tutto assenti dai dibattiti nelle recenti campagne elettorali, sia per le europee sia per le amministrative?

Perché i temi del terzo settore non sono appetibili da questa o quella forza politica. Nessuno può dire in esclusiva “io difendo il terzo settore”. Il problema semmai è di fare in modo che i decreti attuativi della riforma non vengano bloccati. Ma questa legge, anche se non perfetta, è stata approvata; e io spero che le forze politiche non ne facciano oggetto di caccia per un proprio tornaconto e, peggio ancora, per farsi un dispetto a vicenda. La riforma ha comunque tre difetti: non è stata prevista l'istituzione di un'Autorità super partes; non è stato abrogato il libro 1°, titolo II del Codice Civile e quindi il doppio regime può creare pasticci; non è previsto come risolvere il contenzioso tra Regioni e Stato. Secondo me, contemporaneamente all'entrata in vigore della legge, bisogna chiedere a tutti di aprire alla sussidiarietà che consentirà agli enti preposti di prendersi in carico nuove capacità. C'è chi dice che la “finanza è una corda” e come tale non può spingere. Oggi invece il terzo settore ha bisogno di essere spinto, di gente che dica “andate avanti”, “non temete” perché questi nuovi strumenti finanziari vi aiuteranno. Bisogna smettere di guardare tutto in chiave produttivistica ma considerare il valore delle esperienze di vita. Personalmente spero molto nell'implementazione e ho motivo di ritenere che bisogna guardare al futuro con moderato ottimismo.

 

Ci sono sacerdoti che autonomamente, da un po' di tempo, hanno rifiutato il denaro pubblico e hanno deciso di fare azione sociale solo tramite la libera carità dei cittadini. Andiamo incontro a una separazione tra carità e solidarietà pubblica?

Non bisogna fermarsi su questi episodi che sono ancora pochi e quindi non molto significativi per rispondere alla sua domanda. È necessario tornare alla crisi del modello neoliberista che ha teorizzato gli ultimi cinquant'anni della nostra vita. È una visione dicotomizzata della nostra società, ove il mercato è diventato il luogo dell'utilitarismo come l'altruismo e la filantropia. Un modello che rappresenta il massimo dell'irresponsabilità. Ma anche l'economia di mercato come quella tedesca, dove lo Stato supplisce ai limiti del libero mercato, è entrata in crisi. L'economia civile non contrappone Stato e mercato o mercato e società civile, cioè non prevede codici differenti d'azione ma, in linea con la dottrina sociale della Chiesa, punta a unirli.

 

Con il cosiddetto “Decreto sicurezza” il Governo ha ridotto il contributo pubblico a chi si prende cura dei migranti ma anche dei bisognosi. Come giudica questo strappo tra Governo e società civile?

Bisogna superare le stagioni dei rancori e delle offensive contro le realtà che fanno solidarietà concreta. Occorre rilanciare l'impegno diretto dei cattolici. Certo oggi come non mai servono figure come i De Gasperi, i La Pira, non i “politicanti”. Occorrono nuove forze politiche e il mondo cattolico ha tutto il potenziale necessario per realizzare una trasformazione epocale. La strategia delle polverizzazioni e della diaspora ha fatto dei cattolici reclute di questo o di quel gruppo. È questa l'ora di creare, al contrario, masse critiche, per essere finalmente incisivi. Uno spostamento degli equilibri potrebbe avere effetti benefici anche sul terzo settore, messo oggi alla berlina. Se in questo mondo si togliessero i pesi che si stanno mettendo ora, si attuerebbe veramente il principio della sussidiarietà. Significherebbe abbracciare, stringere, comprendere, far proprie tutte le forme di umanità e di volontariato.

18/09/2019

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