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Le pensioni 2019

Questa del 2019 è la ventiduesima edizione del Vademecum sulle pensioni, frutto del lavoro unitario delle Organizzazioni sindacali dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil; una guida utile per chi opera sul territorio e per chi vuole comprendere meglio una materia complessa qual è quella previdenziale, fiscale e assistenziale ed essere aggiornato sulle ultime normative.
Come ogni anno, anche questa edizione si apre con le novità presenti nella legge di bilancio e in particolare con alcuni provvedimenti ad essa collegati, il Reddito e la Pensione di Cittadinanza, Quota 100 e le altre modalità di pensionamento anticipato, le misure sulle quali il Governo ha più investito in questi mesi in termini di comunicazione. Misure che nelle intenzioni dei proponenti dovrebbero rimettere in moto l’economia del Paese, a partire dai livelli di occupazione e dalla ripresa dei consumi interni. Misure che, sia per il metodo con cui sono state adottate, sia per il loro contenuto, sono state fortemente criticate da Cgil, Cisl, Uil, in quanto inadeguate a rilanciare lo sviluppo economico del Paese e dell’occupazione.
Ancora una volta, al di là delle dichiarazioni, il Governo ha agito senza confrontarsi con le parti sociali. Il Reddito di Cittadinanza, per molti aspetti simile al Reddito di Inclusione (Rei) il cui principale limite era la carenza di risorse e non già la sua efficacia, è uno strumento che nelle intenzioni dei proponenti è volto sia a contrastare la povertà sia a sostenere e favorire l’occupazione.
Una misura dunque in qualche modo ibrida e anche di complessa attuazione, con numerosi vincoli e molte procedure burocratiche, che possono rendere difficoltoso accedervi. I suoi effetti, in ogni caso, si potranno valutare solo quando sarà pienamente a regime.
Per quanto riguarda le pensioni, i provvedimenti emanati non determinano un cambiamento strutturale del sistema previdenziale, ma introducono soluzioni temporanee e parziali. Quota 100, infatti, non è altro che una nuova modalità di uscita della durata di tre anni, che si aggiunge alle altre, con un impatto rilevante sulla spesa previdenziale.
Si impegnano risorse importanti su questo provvedimento, ma la legge “Fornero” rimane immutata, a partire dall’adeguamento periodico dell’età all’aumento della speranza di vita, confermato per la pensione di vecchiaia e per l’assegno sociale. È inoltre una misura che esclude tutti coloro che hanno meno di 38 anni di contribuzione e dunque non risponde alle esigenze di donne, giovani, lavoratori del sud, lavoratori precari o con carriere discontinue.
Si prosegue poi la politica di riduzione della base imponibile per la contribuzione, attraverso forme di condono più o meno mascherate. Così si indebolisce fortemente la tenuta del sistema previdenziale e, in assenza di risposte alle giovani generazioni, si mette ancora più in crisi quel patto generazionale che è alla base di ogni sistema a ripartizione.
Per valutare, dal punto di vista dell’equità gli effetti prodotti dalla legge “Fornero” e le misure che sarebbero necessarie, basta osservare ciò che è accaduto in questi anni. Le pensioni di vecchiaia liquidate nel 2012 sono state 91.223 per le donne e 54.902 per gli uomini, mentre nel 2017 sono state 41.044 per le donne e 83.941 per gli uomini. Considerando il solo Fondo pensioni lavoratori dipendenti, le pensioni di vecchiaia liquidate alle donne sono state 24.958 nel 2017 e 8.972 nel 2018.
Al contrario, le pensioni di anzianità o anticipate liquidate nel 2012 sono state 50.286 per le donne e 123.523 per gli uomini, mentre nel 2017 sono state 81.472 in favore delle donne e 143.439 in favore degli uomini. Numeri che da soli dimostrano come la prima emergenza prodotta dalla legge “Fornero” non sia tanto l’inasprimento dei requisiti per il pensionamento di anzianità (tranne che per i lavoratori precoci) quanto il rapido aumento dell’età pensionabile per le donne.
Le priorità su cui impegnare le risorse sono dunque il rafforzamento delle modalità già esistenti di accesso alla pensione a tutela delle condizioni di maggiore difficoltà, quali ad esempio l’APE sociale e il riconoscimento del lavoro precoce. Si deve proseguire il cammino di progressiva fuoriuscita dalla Fornero, avviato con l’accordo sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil con il Governo nel settembre del 2016, basato su criteri di equità per il riconoscimento della diversa gravosità del lavoro, del lavoro di cura delle donne colpite duramente dall’innalzamento del requisito di età per la pensione di vecchiaia, per un rinnovato patto tra generazioni a sostegno del sistema pubblico a ripartizione, per una migliore tutela del potere d’acquisto delle pensioni.
Come Cgil, Cisl, Uil chiediamo una flessibilità di uscita a partire dai 62 anni; la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età; una pensione di garanzia per i giovani e per i lavoratori discontinui; il riconoscimento del lavoro di cura e dei carichi familiari (oggi svolti in grandissima maggioranza dalle donne); la tutela dei lavori usuranti e gravosi; una soluzione definitiva per gli esodati.
Tra le misure introdotte dal Governo nel 2019 c’è anche la riforma della governance degli Enti previdenziali, che però non garantisce la loro autonomia – indispensabile per il loro buon funzionamento – e non rafforza il ruolo di vigilanza e controllo delle parti sociali, lavoratori, pensionati e datori di lavoro, che sono i veri ‘proprietari’ degli Enti.
La legge di bilancio ha, infine, ancora una volta penalizzato i pensionati, riproponendo tagli alle pensioni come fossero una fonte inesauribile da cui attingere risorse. Il sistema di perequazione delle pensioni, cioè il loro adeguamento alla dinamica dei prezzi al consumo, è stato ancora una volta manomesso, con effetti pesanti anche su trattamenti netti di 1.600/2.000 euro. La perdita complessiva nel triennio è di circa 3,6 miliardi di euro. Tutto questo mentre si aggravano i problemi di crescita del Paese, registrati da tutti gli indicatori economici.
Per Spi, Fnp, Uilp sono fondamentali: il ripristino della piena rivalutazione delle pensioni per salvaguardare il valore degli assegni pensionistici; la definizione di un nuovo paniere Istat che tenga conto dei consumi specifici delle persone anziane e pensionate; la ricostituzione del montante come base di calcolo per chi ha subito il blocco della perequazione; l’ampliamento della platea dei beneficiari della “quattordicesima”, proseguendo sulla strada aperta dall’accordo sottoscritto con il Governo nel 2016; la separazione tra la spesa previdenziale e la spesa assistenziale; la riduzione delle tasse a pensionati e lavoratori.
A sostegno di questi obiettivi, Cgil, Cisl, Uil, e Spi, Fnp, Uilp hanno elaborato una piattaforma confederale e una piattaforma dei pensionati, e hanno dato vita a una serie di importanti mobilitazioni e manifestazioni, sia a livello territoriale, sia a livello nazionale, confederali e di categoria, per chiedere al Governo una inversione di rotta e mettere al centro delle politiche lo sviluppo e il lavoro. La nostra azione sindacale proseguirà per tutelare sempre meglio i nostri iscritti e i milioni di anziani e pensionati che rappresentiamo.


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