Il sindacato che vorrei

Il sindacato che vorrei

Relazione del Segretario Generale Gigi Bonfanti al Consiglio Generale del 13 e 14 dicembre 2017

Una visione orientata al futuro, che produce pensiero e progetto, non può prescindere dal profilo etico. Infatti l'etica e l'impegno pubblico non possono essere in contrasto, nei loro riflessi, verso la società e la comunità.

La mercificazione delle società globalizzate, la precarietà ed il lavoro non degno, la crisi delle reti relazionali, la solitudine ed il disagio della longevità richiedono di ricreare una nuova domanda di senso e di ideali, di valorizzare le forze latenti di solidarietà e di innovazione sociale nel contesto di una visione d'assieme adeguata.

Per un sindacato nuovo diventa essenziale la ripresa di un'etica sociale perché il fare sindacato è un atto di generosità verso la collettività, è una sfida verso la disuguaglianza e la marginalità, è un faro sul sociale, sul lavoro, sulle condizioni di vita, sull'evoluzione del tempo.

Il sindacato diventa uno strumento per mettere la persona in rapporto con gli altri superando il mito dell'individualismo, della mancanza di futuro e della società del rancore e favorendo il tempo dell'impegno, del dono, della testimonianza.

La comunità diventa la sede del collegamento con gli altri, dove partecipiamo, perseguendo un vantaggio comune, la creazione di valore e la crescita del benessere. Il partecipare consente di alzare l'obiettivo dal singolo alla pluralità, dall'esclusione allo sviluppo della relazione.

Ponendo l'attenzione sulla rinnovata centralità del lavoro, sull'importanza e sul ruolo della cura tracciamo il percorso per un'inedita forma di alleanza intergenerazionale, rivolta a salvare i giovani dalla stagnazione e gli anziani da una progressiva perdita di protezione.

Per questo fine il sindacato deve sapere leggere il clima sociale, deve essere in grado di intrepretare i cambiamenti, deve essere capace di rielaborare i diversi input e sintetizzarli in progetti condivisi e praticabili. L'economia si sta riprendendo, ma è tutto da dimostrare se le tracce di sviluppo dureranno nel tempo e se l'incremento di ricchezza sarà equamente redistribuito tra i diversi gruppi sociali.

I problemi della persona comunque sono più ampi e coinvolgenti, l'invecchiamento rende la società più fragile e vulnerabile, le sacche di povertà stravolgono i quartieri e le periferie, la solitudine divora la longevità.

Cresce la domanda di un nuovo legame sociale, di una speranza oltre l'orizzonte. Sale la domanda di sindacato, di protezione, di creatività, di progetto di vita. Occorre un sindacato nuovo per dirigere realmente la rotta, per superare gli elementi di drammatica fragilità e per valorizzare i fattori di una ritrovata vitalità.

Ma per recitare un ruolo da protagonista, di guida degli associati, di attrazione di giovani e di anziani, diventa necessario che la Fnp si rafforzi come sindacato “aperto”, favorendo l'incontro con le marginalità della vita, aprendosi all'ascolto e al dialogo, forzando le barriere per essere più incisiva. Riscoprendo, da sindacato laico, la propria matrice cristiana, assolvendo al ruolo di servire, ed evitando il pericolo di servirsi.

Con questo stile la classe dirigente, espressa dal 18° Congresso nazionale che ha segnato la discontinuità dello scenario temporale della Fnp, renderà più evidente il suo radicale profilo riformatore, necessario per un contributo significativo al movimento sindacale confederale, per un approccio responsabile ed innovativo al bene comune e per un patto sociale che saldi in modo costruttivo la relazione intergenerazionale.

15/12/2017

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