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Medicina di genere. Nuove prospettive nella salute

Medicina di genere. Nuove prospettive nella saluteMedicina di genere. Nuove prospettive nella salute
Medicina di genere. Nuove prospettive nella saluteMedicina di genere. Nuove prospettive nella salute

Il 21 marzo si è svolto, presso il Centro Culturale di Milano, il Convegno “Medicina di genere: nuove prospettive nella salute” promosso dai Coordinamenti Donne e organizzato dalla FNP, dalla USR e dalla Cisl Medici della Lombardia.

Il seminario è stato motivo di approfondimento e riflessione su un tema considerato di “tendenza”, ma insufficientemente sviluppato sul piano della ricerca, dell'azione medica, delle politiche sanitarie e ancora connotato da disinformazione, se non da pregiudizi.

Con il contributo delle conoscenze scientifiche degli esperti, che sono intervenuti, è stato “ridisegnato” il quadro della Medicina di Genere che, nella sua accezione più moderna, non va intesa come una nuova disciplina, ma piuttosto come un innovativo approccio culturale ai problemi riguardanti la salute umana ponendo attenzione al genere.

Nel corso delle relazioni è stato sottolineato quanto questa mancanza di attenzione sia stata e sia ancora causa di “diseguaglianze di salute”, come affermato nell'ormai lontano 1991 dalla cardiologa Bernardine Healy che parlò di “sindrome di Yentl”, in analogia con l'eroina del racconto di Isaac B. Singer, costretta a travestirsi da uomo per aver accesso allo studio, vietato alle donne, dei testi sacri dell'ebraismo. Con questa definizione B. Healy volle stigmatizzare il comportamento discriminante dei cardiologi verso le donne, ponendo all'attenzione della comunità scientifica la questione femminile nelle malattie cardiovascolari; problema ancora oggi presente tra le principali cause di mortalità tra le donne perché, malgrado lo sviluppo delle conoscenze mediche, la malattia viene tardivamente diagnosticata e spesso sottovalutata per la diversità del suo manifestarsi e della sua progressione.

Per troppo tempo, infatti, la ricerca non ha tenuto conto delle differenze che si manifestano, tra i due sessi, nell'insorgenza, nell'incidenza, nello sviluppo di numerose patologie, e nella risposta ai trattamenti, anche lo scarso arruolamento di donne negli studi sperimentali ha prodotto, come risultato, lo sviluppo di farmaci, modelli di malattia e definizione di parametri fisiologici costruiti, per lo più, sugli uomini. Da qui la necessità di disegni d'indagine appropriati, che tengano in considerazione le diversità e le problematiche connesse al genere.

Ma qualcosa è cambiato e sta cambiando sulla base delle evidenze scientifiche e in seguito alle sollecitazioni che arrivano da istituzioni internazionali (es. NIH, WHO, ecc.) e nazionali (AIFA, ISS) perché si ponga un'attenzione speciale alle diversità con cui numerose patologie, un tempo ritenute tipicamente maschili, si presentano nelle donne e viceversa.

Viene così considerato un obiettivo strategico, sul piano della prevenzione e della promozione della salute, anche lo sviluppo di attività formative e divulgative non solo tra gli operatori del sistema sanitario ma tra la stessa popolazione.

È stato opportunamente sottolineato quanto sia importante, per garantire a ciascuno il diritto alla salute, considerare anche l'influenza che fattori psicosociali diversi, oltre a quelli biologici, quali lo status socio-economico, i contesti di vita, l'appartenenza etnica e geografica possono avere sulla salute delle donne e degli uomini.

Gli interventi dei relatori hanno reso evidente come la diffusione di una medicina genere-specifica, vale a dire una medicina a misura di donna e di uomo, possa determinare numerosi vantaggi: riduzione dei livelli di errore nella diagnosi e cura, aumento della sicurezza dei farmaci, appropriatezza terapeutica. Non trascurabili anche i vantaggi che una svolta di questo tipo potrebbe produrre per il sistema sanitario nel suo complesso in termini di efficacia, efficienza e riduzione dei costi.

Il convegno si è rivelato anche l'occasione per verificare le politiche attuate sul territorio.

La Regione Lombardia è stata fra le prime in Italia ad aver inserito la Medicina di genere all'interno dei documenti regolatori del servizio sanitario regionale, la prima ad aver posto la medicina di genere tra gli obiettivi operativi per i Direttori Generali delle aziende sanitarie, è anche la regione con più strutture ospedaliere premiate con i bollini rosa dall'Associazione Onda (l'Osservatorio nazionale sulla salute della donna), manca però una valutazione sulle sperimentazioni finora attuate e sulle risorse impiegate per gli interventi di policy programmati.

Questa iniziativa ha consegnato all'organizzazione una nuova consapevolezza: l'applicazione della prospettiva di genere alla medicina può essere garanzia per lo sviluppo e l'organizzazione di una sanità pubblica più equa e sostenibile nell'interesse primario del cittadino e di tutta la comunità. E il Sindacato, per le responsabilità che gli sono proprie, nel confronto con tutti i soggetti istituzionali stimolerà politiche della salute secondo questa “nuova prospettiva”.

04/04/2018

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