Dossier Statistico Immigrazione, qual è la situazione nel nostro Paese

Dossier Statistico Immigrazione, qual è la situazione nel nostro Paese

Il 24 ottobre scorso è stata presentata la ventinovesima edizione del Dossier Statistico Immigrazione, a cura del Centro Studi e Ricerche Idos in partenariato con il Centro Studi Confronti.

Uno dei punti sui quali si è focalizzato quest'anno il Dossier è stato quello della cittadinanza per le “seconde generazioni” di immigrati e la discussione sullo ius soli e lo ius culturae.

I dati di quest'anno confermano che non ci troviamo assolutamente di fronte a una “invasione”, funzionale a quanto sostenuto da qualche forza politica nel nostro Paese.

In seguito ai discutibili e onerosi accordi con la Libia, già nel 2017 il numero dei migranti sbarcati in Italia era diminuito di oltre un terzo rispetto al 2016, scendendo a 119.310 casi; durante tutto il 2018 si è attestato ad appena 23.370, per ridursi, nei primi 9 mesi del 2019, a soli 7.710 casi.

Il calo degli arrivi via mare, come noto, è la conseguenza di un alto numero di migranti fermati dalla Guardia costiera libica (finanziata, addestrata e rifornita di mezzi dall'Italia e dall'Unione europea) e riportati nei campi di detenzione libici (dove continuano a subire sevizie, stupri e torture), e di un elevato numero di persone morte annegate lungo la rotta del Mediterraneo centrale, la più letale al mondo con più di 25.000 morti o dispersi accertati dal Duemila ad oggi.

Per quanto riguarda la percentuale di popolazione straniera, l'Unione europea, a inizio 2018 conta 39,9 milioni di persone, il 7,8% dei 512 milioni di abitanti complessivi. L'Italia con 5.255.503 residenti stranieri, si colloca al terzo posto dopo la Germania (9,7 milioni) e il Regno Unito (6,3 milioni), precedendo la Francia (4,7 milioni) e la Spagna (4,6 milioni). Anche per quanto riguarda l'incidenza dei residenti stranieri sulla popolazione complessiva, diversi altri paesi comunitari presentano percentuali più alte della nostra, 8,7%. Si va quindi dal 15,7% dell'Austria, al 12,0% del Belgio, all'11,7% della Germania e al 9,8% della Spagna.

Inoltre, tra gli stranieri residenti in Italia, all'aumento netto di 111.000 presenze rispetto all'anno precedente hanno contribuito anche i 65.400 bambini nati nel corso del 2018 da coppie straniere già presenti nel Paese, i quali non sono quindi “immigrati”.

La metà degli stranieri residenti in Italia è di cittadinanza europea (50,2%), poco più di un quinto è di origine africana (21,7%), un altro quinto è costituito da asiatici (20,8%), mentre è americano (soprattutto latino-americano) 1 residente straniero ogni 14. I più numerosi sono i romeni, con 1.207.000 residenti, a seguire 441.000 albanesi, 423.000 marocchini, 300.000 cinesi e 239.000 ucraini.

D'altro canto, quale effetto del primo decreto sicurezza del 2018, sono aumentati sensibilmente gli stranieri irregolari. Tale decreto, infatti, da un lato ha abolito i permessi per protezione umanitaria, rendendo impossibili rinnovi e nuovi rilasci, dall'altro, istituendo permessi “speciali” più labili e difficilmente rinnovabili, ha ridotto il numero dei beneficiari. Si stima che gli stranieri irregolari a inizio 2018 siano 530.000 e nel 2020 potranno arrivare a oltre 670.000.

Altro dato che viene confermato leggendo il Dossier è che in Italia la popolazione straniera viene ancora penalizzata o discriminata sotto diversi punti di vista.

È difficile il riconoscimento dei titoli e delle competenze professionali acquisiti all'estero in un mercato del lavoro estremamente rigido e segmentato come quello italiano, gli stranieri continuano quindi a svolgere per lo più i cosiddetti lavori “delle 5 p”: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati e poco riconosciuti socialmente.

Dei 2.455.000 occupati stranieri calcolati dall'Istat a fine 2018 (il 10,6% degli occupati nel paese), ben 2 su 3 (65,9%) lavora nel settore dei servizi (assistenza domestica e familiare, alberghiero-ristorativo, pulizie, trasporti, facchinaggio ecc.), oltre un quarto (27,7%) nell'industria - che comprende anche l'edilizia (9,9%) - e il 6,4% in agricoltura.

I lavoratori immigrati sono sovra istruiti per oltre un terzo (34,4% rispetto al 23,5% degli italiani), sono sottoccupati per il 7,6% (contro il 3,3% degli italiani), e percepiscono una retribuzione media mensile (poco più di 1.000 euro) più bassa del 24% rispetto a quella degli italiani. La retribuzione è ancora inferiore (- 25%) per le donne straniere, doppiamente penalizzate.

Infine, segnaliamo alcuni dati che ci riguardano più da vicino: quelli relativi alla sindacalizzazione. Da diversi anni il livello di sindacalizzazione risulta positivo. Il numero di stranieri iscritti alle confederazioni CGIL, CISL e UIL nel 2018 ha per la prima volta superato il milione (1.016.095) e rispetto al 2017 vi è stata una crescita di oltre 40 mila iscritti. Gli iscritti stranieri rappresentano il 9% del totale degli affiliati dei tre sindacati. L'aumento maggiore è stato registrato dalla CGIL (9,6% nel 2018 rispetto all'8,9% del 2017), segue la CISL con l'8,4% (+0,4%), infine la UIL (stabile all'8,4%). Se si considerano poi i soli lavoratori attivi, l'incidenza è ancora maggiore: 15,7% per la CGIL e 13% per la CISL. In generale, inoltre, si conferma una maggiore sindacalizzazione dei lavoratori stranieri al Nord.

Per quanto riguarda invece la nostra categoria, la percentuale degli stranieri iscritti è del 10%.

04/11/2019

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